La storia dell’aia, un Gioiello del 1857
Prima di parlare dell’Aia e del suo museo “Vita Contadina del Novecento”, è opportuno fare un passo indietro nella storia e parlare del nobile casato milanese che ha voluto questo edificio, cioè quello dei conti Confalonieri Strattmann. A Verderio, nell’anno 1999, è stato costituito un archivio intercomunale denominato “Fondo Gnecchi Ruscone” nel quale sono confluiti tutti i documenti notarili e amministrativi passati delle varie proprietà, dal 1476 all’anno 1980 circa. Sono documenti preziosi che parlano di importanti progetti e dei protagonisti che hanno fatto la storia passata dei due paesi, Superiore e Inferiore, dal 4 febbraio 2014 unificati dalla Regione Lombardia solo con “Verderio”. Le prime carte dell’archivio risalgono al 27 aprile 1476 e altre ancora al 24 settembre 1512. In queste ultime si legge, con difficoltà e in un italiano un poco arcaico, che un certo Rinaldo Airoldo acquistò dei possedimenti in Verderio che erano di proprietà dell’Ordine delle Suore Agostiniane di Milano. In realtà, il cognome è stato scritto erroneamente perché, a seguito di una ricerca, è stato appurato che si tratta di un componente dell’alta nobiltà milanese della famiglia dei conti Ajroldi che avevano diversi possedimenti di case, cascine e terreni, nel raggio di un centinaio di chilometri dalla metropoli milanese.
In un archivio storico di Milano, è stato rintracciato anche un loro stemma risalente al 1337 nel quale è raffigurato un elmo sormontato da una corona a sette punte, segno di identificazione del contado, da un’aquila nera in campo giallo e da uno scudo a triangoli azzurri e grigi. Tutti questi simboli sono racchiusi da una corona di foglie azzurre, grigie e dorate. Per essere sinceri però, il primo e anche unico documento che parla di Verderio, è stato trovato dall’allora parroco del paese, don Giampiero Brazzelli (1957-1985) ed è molto più antico. Risale addirittura al 998 d. C. nel quale vi è scritto che il vescovo di Tortona, Liutfredo, venne chiamato a fare da paciere tra due consoli rurali, Riccardo e Valdrada, che si contendevano terre e possedimenti sul nostro territorio. Questo documento testimonia che Verderio è sicuramente di origine romana. Il nome potrebbe derivare da “Veredi”, una razza spagnola di cavalli che i romani usavano per la posta, oppure dal nome latino “Viridarium” che significa giardino.
Durante lo scavo per l’esecuzione di varie opere pubbliche, in particolare la fognatura nel centro storico, sono stati scoperti anche alcuni cunicoli di mattoni tipicamente romani. Inoltre, ci sono prove che, attorno all’anno 1100 d. C., a Verderio, in una corte del centro, viveva un Templare. Il suo nome era Dalmazio da Verderio, ma non si conosce molto altro. Risalendo nei documenti, si sa solo che probabilmente era un frate, nobile cadetto di una ricca famiglia originaria di Verderio che si era messo alle dipendenze di san Bernardo per diffondere l’Ordine sul nostro territorio, ma che era legato alla “precettoria templare milanese” dove era conosciuto come “frà Dalmazio da Verzario”, probabilmente derivante da qualche attinenza con il vecchio quartiere centrale milanese dove i frati risiedevano e lavoravano i prodotti dell’orto che usavano per il loro “ospedale”. Questa zona esiste ancora oggi, detta “verzée” (via Verziere).
Il suo stemma era disegnato sopra il grande camino di un salone del vecchio Comune e delle scuole elementari e lì vi rimase fino ai primi anni del 1900. Le varie ristrutturazioni l’hanno poi cancellato definitivamente, ma, fortunatamente, in quegli anni qualcuno ha ripreso una parte del suo stemma per riportarlo in quello araldico del Comune: l’elmo con i tre pennacchi. Il cavaliere templare Dalmazio da Verderio morì nel 1149, nella sua casa in centro paese. A conclusione dell’epoca dei Templari, avvenuta tra il 1312 e il 1314 per ordine del re di Francia, Filippo, detto il Bello, i possedimenti vennero smembrati e finirono ad altri proprietari. Con ogni probabilità, fu in occasione di tale avvenimento che si verificò anche la divisione tra i due Verderio “de sora” e “de sota”, ovvero, Superiore e Inferiore.